La crisi del riccio di mare e la risposta normativa in Puglia (Legge Regionale n. 6/2023)
Intervista a Guglielmo Corallo, AGCI Puglia
Corallo, qual è la posizione di AGCI Puglia rispetto alla Legge Regionale n. 6/2023 sul divieto triennale di pesca del riccio di mare?
La nostra posizione è di cauta condivisione. Riconosciamo la gravità della crisi ambientale e la necessità di intervenire, ma riteniamo che la legge presenti criticità importanti, soprattutto per quanto riguarda la sua base scientifica e l’impatto socioeconomico sui pescatori.
Quali sono le principali lacune scientifiche che avete riscontrato nel testo della legge?
Il problema centrale è l’assenza di dati preliminari specifici sulla risorsa in Puglia. Non ci sono studi o monitoraggi che giustifichino il divieto triennale. Senza un punto di partenza, è difficile valutare l’efficacia del provvedimento o pianificare un ripopolamento credibile.
Tre anni di divieto: è un tempo sufficiente per il recupero della specie?
Non necessariamente. Gli studi sull’accrescimento del Paracentrotus lividus indicano che il recupero può richiedere tempi ben più lunghi, soprattutto se il collasso è legato anche al riscaldamento dei mari. Serve un piano temporale basato su dati biologici, non su scelte arbitrarie.
C’è il rischio che il divieto sposti il problema altrove?
Assolutamente sì. Senza un coordinamento mediterraneo, vietare la pesca solo in Puglia può portare a un trasferimento dello sforzo di pesca verso altre regioni o paesi. Il risultato? Sovrasfruttamento altrove e nessun beneficio reale per la specie.
Qual è l’impatto economico sui pescatori locali?
Enorme. Il riccio di mare è una fonte primaria di reddito per molti. Il divieto ha generato instabilità economica e, purtroppo, anche un aumento della raccolta illegale. Inoltre, la mancanza di trasparenza sul pescato reale rende difficile stimare il danno e applicare misure di indennizzo adeguate.
Come giudicate la gestione del piano di ripopolamento previsto dalla legge?
È stata lenta e poco coordinata. Solo nel 2025 sono stati stanziati fondi, e il piano è ancora incompleto. La collaborazione con il Dipartimento di Scienze Giuridiche è utile per gli aspetti normativi, ma non può sostituire la competenza biologica necessaria per gestire la fauna marina.
AGCI ha esperienze dirette in questo ambito?
Sì, la nostra cooperativa HYDRA di Lecce ha partecipato a un progetto FEP 2007-2013 sull’allevamento del riccio di mare. È stato un percorso complesso, che ha evidenziato le difficoltà tecniche e scientifiche di questo settore. Serve un impegno molto più strutturato.
Quali sono le proposte di AGCI per affrontare la crisi del riccio di mare?
Proponiamo un approccio multidisciplinare e scientifico. Servono:
- Un monitoraggio completo della specie e del suo habitat.
- Dati economici reali per comprendere l’impatto sulla filiera.
- Una gestione condivisa che coinvolga biologi, ecologi, economisti e giuristi, per garantire decisioni equilibrate e sostenibili.
In conclusione, cosa chiedete alla Regione Puglia?
Chiediamo più rigore scientifico, più trasparenza e una vera concertazione con il mondo della pesca. La tutela ambientale è fondamentale, ma deve andare di pari passo con la sostenibilità sociale ed economica. Solo così potremo salvare il riccio di mare e chi vive grazie ad esso.
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Un sentito ringraziamento al biologo marino Cataldo Licchelli per il contributo scientifico e per le immagini

